Il nuovo numero di Bisiacaria esce in un momento ancora segnato dalle difficoltà legate alla pandemia da Covid-19 che ha pesantemente condizionato le nostre vite e che speriamo di poter superare al più presto.
Proprio la pandemia ci ha portato via amici e congiunti, di cui sentiamo profondamente la mancanza. Così anche don Renzo, che non è più tra noi. A lui dedichiamo questo numero, con la riconoscenza di averci accompagnato e aiutato nel nostro cammino. Abbiamo scelto di non dividere i contenuti in settori precisi, che pure si possono intravvedere anche solo scorrendo l’indice, ma abbiamo preferito una complessiva fluidità in ragione delle caratteristiche, per certi versi trasversali, di alcuni contributi.
Molti i saggi che trattano di storia del nostro territorio e delle testimonianze che ci parlano di esso. Enrica Capitanio presenta l’appena concluso il riordino degli archivi parrocchiali di San Canzian d’Isonzo e Isola Morosini; è un’occasione per ribadire come sia necessario aver cura del patrimonio archivistico presente sul territorio, in quanto custode della nostra memoria e bene culturale d’interesse generale. Renato Cosma e Renato Duca proseguono il loro impegno nell’approfondire la storia delle acque e della terra bisiaca ricostruendo la storia della diga della Quarantia e del breve ma importante corso d’acqua ad essa legato; Fabio Degrassi prende spunto dalla scoperta e realizzazione del pozzo di Piazza Libertà di Ronchi per tentare una storia dei pozzi ronchigini, cogliendo l’occasione per tracciare una breve storia del contesto in cui questi manufatti – almeno alcuni – sono stati realizzati; Pietro Commisso scava intorno ad un elenco, quello dei volontari monfalconesi nella prima guerra mondiale, che desta più d’una sorpresa.
La serie dei “saggi” si conclude con l’accurata e profonda analisi che Pier Maria Miniussi dedica alle diverse traduzioni di Dante in bisiac, intervento quasi doveroso a conclusione dell’anno dantesco; ma questo è anche un modo per introdurre la parte della nostra rivista che tradizionalmente si occupa di proporre letteratura nel nostro dialetto. Inoltre e non a caso proponiamo – in evidente continuità – una nuova traduzione da Dante di Chiara Moimas prima di passare ai testi poetici originali.
Qui dobbiamo evidenziare come i lavori di Marina Zucco e di Maria Aldrigo siano connotati da elementi di grande diversità, prima di tutto per la lingua utilizzata: un bisiac schietto quello usato da Marina Zucco per descrivere con la consueta naturalezza la condizione femminile e gli esitidella quarantena; un dialetto aderente ad un uso frequente nel parlato di oggi, prossimo a quella che si può definire la koinè dialettale giulianoveneta, quello di Maria Aldrigo, che indaga aspetti dello scorrere del tempo. Seguono i testi in prosa di Marina Zucco e Chiara Moimas che affrontano due situazioni vicine a noi che hanno a loro modo condizionato il nostro vivere: l’esperienza del Covid-19 e l’esplosione, trentacinque anni fa, della centrale di Chernobyl. A metà strada tra la letteratura e l’arte la proposta di Maurizio Onofri che intorno alla traduzione in bisiac di alcune liriche di Tonino Guerra, ci propone la propria personale esperienza, legata alla sua origine familiare, a metà tra il dialetto del monfalconese e il dialetto romagnolo, accompagnando le liriche del grande poeta romagnolo con alcune sueopere pittoriche e scultoree.
Eccoci entrati nel mondo dell’arte con il saggio che Franca Marri dedica a Cristiano Leban, artista che quest’anno ospitiamo sulla copertina e all’interno del volume. Personalità di grande spessore nel panorama artistico locale, Leban ci propone le sue personali riflessioni verso spazidensi di mistero e di materia che ci portano oltre il reale.